Editoriale pubblicato su: www.teleborsa.it
E’ notizia di pochi giorni fa che in Gran Bretagna è stato finalmente trovato, dopo un non molto convincente braccio di ferro tra Governo e le principali banche, un accordo (denominato progetto Merlin) sulla spinosa questione dei super bonus concessi ai top managers bancari.
In realtà, a ben vedere, più che di un accordo sembra trattarsi di una resa pressoché incondizionata del Governo a fronte delle pretese della City: il governo, infatti, è riuscito solamente ad ottenere che il montante dei super bonus da erogare per il 2010 non superasse quello record relativo al 2009 che sfiorò i 7 mld di sterline. Per capire meglio le dimensioni del problema e la pochezza del risultato ottenuto dal Governo basterà ricordare che, in un contesto caratterizzato, nell’ultimo trimestre 2010, da un inaspettato calo del PIL inglese dello 0,5%, nonché da tagli alla spesa pubblica per oltre 80 mld con conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, il CEO di Royal Bank of Scotland (salvata dai contribuenti) incasserà titoli per oltre 2 milioni di sterline, il ceo uscente di Lloyds (salvata dai contribuenti) quasi 1,5 milioni di sterline e Bob Diamond di Barclays dovrebbe incassare qualcosa compreso tra gli 8 ed i 9 milioni di sterline.
Ma l’aspetto che lascia veramente perplessi è che il governo, al fine di rendere più digeribile un risultato palesemente deludente, ha pensato di legare la concessione dei super bonus appena limati all’impegno da parte delle banche di concedere maggiori finanziamenti alle piccole – medie imprese per circa 10 mld di sterline: in altre parole è stato stabilito il principio che, per ottenere i bonus, i managers devono fare in modo che le proprie banche eroghino maggiore credito alle aziende.
Ora è evidente che un maggior sostegno alle imprese in periodi di crisi è assolutamente opportuno, ma abbinare il concetto di credito al concetto di bonus è un abbinamento diabolico perché può portare, ancora una volta, i managers ad abbassare la propria soglia di prudenza, pur di far scattare i super premi. Infatti, due lezioni sono emerse con chiarezza dall’attuale crisi: la prima è che la concessione di bonus eccessivi crea comunque un fattore di instabilità nel sistema finanziario, la seconda è che i veri problemi sorgono nel sistema bancario non appena si abbassa la guardia sul fronte della corretta e prudente concessione del credito.
In gran Bretagna, con l’accordo in esame, si è riusciti contemporaneamente ad ignorare ambedue queste lezioni: i bonus sono rimasti a livello sicuramente eccessivo e l’esame del merito creditizio è stato comunque indebolito nel momento stesso in cui è stato legato ai bonus. In fondo è esattamente ciò che è successo negli USA all’inizio della attuale crisi quando i managers, spinti dal miraggio degli enormi bonus, hanno messo da parte ogni remora prudenziale ed hanno creato il perverso meccanismo dei mutui subprime dalle cui conseguenze, a distanza di 3 anni, non riusciamo ancora a liberarci. Comunque sia, per adesso, la City ringrazia commossa.
E’ notizia di pochi giorni fa che in Gran Bretagna è stato finalmente trovato, dopo un non molto convincente braccio di ferro tra Governo e le principali banche, un accordo (denominato progetto Merlin) sulla spinosa questione dei super bonus concessi ai top managers bancari.
In realtà, a ben vedere, più che di un accordo sembra trattarsi di una resa pressoché incondizionata del Governo a fronte delle pretese della City: il governo, infatti, è riuscito solamente ad ottenere che il montante dei super bonus da erogare per il 2010 non superasse quello record relativo al 2009 che sfiorò i 7 mld di sterline. Per capire meglio le dimensioni del problema e la pochezza del risultato ottenuto dal Governo basterà ricordare che, in un contesto caratterizzato, nell’ultimo trimestre 2010, da un inaspettato calo del PIL inglese dello 0,5%, nonché da tagli alla spesa pubblica per oltre 80 mld con conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, il CEO di Royal Bank of Scotland (salvata dai contribuenti) incasserà titoli per oltre 2 milioni di sterline, il ceo uscente di Lloyds (salvata dai contribuenti) quasi 1,5 milioni di sterline e Bob Diamond di Barclays dovrebbe incassare qualcosa compreso tra gli 8 ed i 9 milioni di sterline.
Ma l’aspetto che lascia veramente perplessi è che il governo, al fine di rendere più digeribile un risultato palesemente deludente, ha pensato di legare la concessione dei super bonus appena limati all’impegno da parte delle banche di concedere maggiori finanziamenti alle piccole – medie imprese per circa 10 mld di sterline: in altre parole è stato stabilito il principio che, per ottenere i bonus, i managers devono fare in modo che le proprie banche eroghino maggiore credito alle aziende.
Ora è evidente che un maggior sostegno alle imprese in periodi di crisi è assolutamente opportuno, ma abbinare il concetto di credito al concetto di bonus è un abbinamento diabolico perché può portare, ancora una volta, i managers ad abbassare la propria soglia di prudenza, pur di far scattare i super premi. Infatti, due lezioni sono emerse con chiarezza dall’attuale crisi: la prima è che la concessione di bonus eccessivi crea comunque un fattore di instabilità nel sistema finanziario, la seconda è che i veri problemi sorgono nel sistema bancario non appena si abbassa la guardia sul fronte della corretta e prudente concessione del credito.
In gran Bretagna, con l’accordo in esame, si è riusciti contemporaneamente ad ignorare ambedue queste lezioni: i bonus sono rimasti a livello sicuramente eccessivo e l’esame del merito creditizio è stato comunque indebolito nel momento stesso in cui è stato legato ai bonus. In fondo è esattamente ciò che è successo negli USA all’inizio della attuale crisi quando i managers, spinti dal miraggio degli enormi bonus, hanno messo da parte ogni remora prudenziale ed hanno creato il perverso meccanismo dei mutui subprime dalle cui conseguenze, a distanza di 3 anni, non riusciamo ancora a liberarci. Comunque sia, per adesso, la City ringrazia commossa.