Editoriale pubblicato su: www.teleborsa.it
La buona notizia è che le previsioni intermedie Ue per il 2011 indicano una crescita più marcata rispetto alle previsioni di Novembre scorso; la cattiva notizia è costituita dagli eccellenti dati della Germania che indicano, assai chiaramente, come tutto il meccanismo economico europeo continui ad essere trainato, e quindi a dipendere, dallo sforzo tedesco.
Si tratta ovviamente di una estremizzazione, tuttavia non si può trascurare che, all’urgente necessità di dare un forte impulso all’economia, si sia ormai affiancata la ulteriore necessità di dotare l’Unione di un insieme di nuove regole di stabilità e rigore che risultino però, al contempo, accettabili sia dal blocco “teutonico” che dai Paesi del blocco “mediterraneo”.
In quest’ottica, paradossalmente, tutti i dati che indicano una brusca e solitaria ripartenza della “locomotiva prussiana” di fatto non solo spostano la Germania su di una altra “barca” rispetto a quella sulla quale galleggiano i Paesi mediterranei ma, soprattutto, hanno la “colpa” di risvegliare l’appena sopito “superomismo” tedesco. Ora, il problema consiste nel fatto che il risveglio di questo intransigente superuomo, non solo tende a radicalizzare il confronto tra i due citati blocchi ma, soprattutto, provoca il progressivo rafforzamento di un altro superuomo non meno pericoloso del primo: il superuomo di Pechino, assai reattivo, ed attentamente programmato per insinuarsi nella profonda crepa apertasi tra i due gruppi di Paesi.
A ben vedere, la grande differenza tra i due superuomini deriva dal fatto che quello tedesco, benché ami assumere posizioni rigide e spesso destabilizzanti, sia comunque stato addestrato a giocare all’interno del sistema democratico, rispettandone le regole e rispondendo alle proprie istituzioni ed al proprio popolo. Il superuomo di Pechino, al contrario, oltre a non avere un elettorato da ascoltare, è stato plasmato per raggiungere, prescindendo dai mezzi utilizzati, gli obiettivi assegnati dalla leadership cinese. E, soprattutto è stato dotato di una incredibile velocità di penetrazione che gli ha permesso di incunearsi nella crisi dell’Euro passando, in tempo record, dallo shopping sulle concessioni dei moli del Pireo all’essere punto di riferimento (specie in prospettiva) per i Paesi europei in grave difficoltà, come la Spagna, di cui la Cina detiene ormai il 13% del debito pubblico.
Ma il vero problema per la Ue è che, ancorché diversissimi, i due superuomini hanno, nel breve periodo, un comune interesse: quello di mantenere l’Europa in una situazione fluida di instabilità ed incertezza.
Infatti, da una parte, il superuomo teutonico non ha affatto fretta, per motivi di equilibri interni ed elettorali, di far uscire l’Area da questa situazione di debolezza, almeno fino a quando non sarà riuscito ad imporre la propria concezione dirigistica ed autoritaria in materia economica, sociale e del welfare.
Dall’altra parte, anche il superuomo cinese – lungi dal volere il crollo del suo migliore mercato di sbocco – non è molto compiaciuto del possibile rafforzamento della governance nella Ue, del varo di concreti piani di risanamento economico, della predisposizione di efficienti meccanismi di protezione da nuove crisi. Il superuomo di Pechino, infatti, è perfettamente conscio di come una Europa instabile si presti molto bene ad una mirata strategia espansiva che coinvolga tutti i principali gangli del sistema economico e finanziario e, soprattutto, di come sia prospetticamente assai interessante diventare “proprietari” e “gestori” di crescenti quote del debito pubblico dei Paesi Europei in difficoltà.
Ora, a ben vedere, tutto sta nel cercare di capire cosa accadrebbe qualora, durante il permanere di questa situazione di incertezza provocata dai concordanti interessi dei due superuomini, si manifestasse una nuova improvvisa crisi sistemica di particolare gravità, ad esempio in Spagna, che richiedesse l’attivazione di interventi straordinari eccedenti quelli attualmente predisposti.
In questo contesto, il superuomo teutonico, ancora in posizione intransigente e vincolato alle promesse fatte al proprio elettorato, potrebbe trovarsi nella impossibilità di fare marcia indietro ed aderire ad ulteriori piani di salvataggio o, quantomeno, di farlo nei tempi strettissimi imposti da una crisi estrema.
A questo punto l’intervento del superuomo di Pechino potrebbe anche dimostrarsi indispensabile per salvare l’Area da una serie di default a catena, ma sarebbe assai illusorio considerarlo come una semplice mossa finalizzata a proteggere gli interessi commerciali cinesi in Europa: di fatto, da questo momento in avanti, l’Europa stessa si verrebbe a trovare in una situazione di estrema debolezza, quasi un “ostaggio” del conclamato autoritarismo cinese.
In questo contesto, a far veramente paura non sarebbe tanto il nuovo caccia invisibile cinese appena collaudato o i nuovi sistemi di cyber war in fase di sperimentazione, ma la posizione di costante ricatto in cui i Paesi della Ue potrebbero venire a trovarsi senza avere di fatto grandi possibilità di reazione: oggi il superuomo di Pechino chiede, esercita il potere di veto, esercita pressioni, accetta ancora compromessi; domani, se gli consentissimo di rafforzarsi facendo leva sulle nostre incertezze e sull’insperato aiuto offerto dall’intransigente superuomo teutonico, inizierebbe ad imporre.