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L’importanza del fronte interno
Posto che i nuovi criteri previsti da Basilea 3 si muovono sicuramente nella giusta direzione sul “fronte esterno” (rapporti tra banche, Banche Centrali, Regolatori e Governi) nel tentativo di dare una risposta alle gravi problematiche messe in luce dall’attuale crisi, non per questo può essere trascurato, come ogni buon generale sa, “il fronte interno” in quanto è proprio su questo versante che le battaglie, spesso, si vincono o si perdono.
Nel caso specifico degli Accordi di Basilea, il fronte interno è costituito dai complessi rapporti che legano i principali attori del modello, ossia le banche, gli imprenditori, i loro consulenti e le Associazioni di categoria. Ora, è ormai evidente che, in questo scenario, finchè le importanti misure varate sul fronte esterno per rendere più solido il sistema bancario non verranno con chiarezza spiegate agli imprenditori (specie medio piccoli), il modello di Basilea continuerà ad essere percepito da questi ultimi come un sistema vessatorio per le imprese ed utile solamente alle banche per limitare i propri rischi anche a costo di ridurre il sostegno al mondo imprenditoriale.
A questo punto, se si vuole realmente uscire da questa situazione di stallo, diventa fondamentale che le Banche in primis, ma anche le Associazioni degli imprenditori, pongano in essere una importante attività di comunicazione e sensibilizzazione sui contenuti e gli effetti della nuova normativa di Basilea. Da questo punto di vista bisogna riconoscere che, negli ultimi periodi, notevoli passi in avanti sono stati fatti: ai convegni e seminari organizzati a livello di ABI si sono infatti affiancati quelli promossi da singole banche anche straniere (molto interessante, in quest’ambito, l’incontro su Basilea 3 organizzato dal Club Canova di Roma con JP Morgan), ma anche da Università quali la Sapienza di Roma e la Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza che, in un recente incontro su Basilea, ha annoverato tra i relatori anche il neopresidente dell’EBA Andrea Enria.
In quest’ottica, probabilmente, il primo messaggio che si dovrà trasmettere con chiarezza agli imprenditori è che l’adozione del modello di Basilea non implica assolutamente l’immolazione della relazione banca – impresa al “dio rating” e che, anzi, gli Istituti di credito si stanno adoperando a vari livelli per evitare che l’attività di concessione del credito si appiattisca acriticamente su questo “numeretto” che, invece, deve rimanere un semplice ausilio informatico alle valutazioni del gestore della relazione.
Da non trascurare, a questo proposito, la recente apertura delle banche nei confronti dello strumento dell’ “override” che consente al gestore, mediante l’inserimento di ulteriori informazioni, di concorrere attivamente alla modifica del rating espresso dalla “macchina” così da tutelare il proprio portafoglio imprese garantendo, al contempo, un più corretto abbinamento tra rating stesso ed effettiva rischiosità dell’azienda cliente.
Variabili qualitative e andamentali
Il secondo messaggio da inviare, strettamente connesso al primo, è che l’applicazione di Basilea, se interpretato correttamente, porta ad esaltare, non a mortificare l’aspetto relazionale. Il modello, infatti, tende a spingere imprenditore e gestore della relazione ad un confronto volto ad individuare quei comportamenti che, influenzando positivamente il rating, possano portare a risultati interessanti sia per l’impresa (miglior pricing applicato), sia per la banca (minor assorbimento di patrimonio di vigilanza).
Da evidenziare, tra l’altro, che questo confronto assume notevole rilevanza nei momenti di grave crisi in quanto le componenti più matematiche e più “intransigenti” che compongono il rating (dati di bilancio e della centrale rischi) tendono a registrare con precisione il manifestarsi dei sintomi di degrado, ma spesso non riescono ad evidenziare nè le pesanti responsabilità della congiuntura, nè la presenza di situazioni particolari.
Per compensare questi effetti “prociclici” diventa a questo punto fondamentale dedicare molta attenzione a quelle variabili che concorrono a formare “il lato umano del rating” ossia le variabili “qualitative” che cercano di individuare le peculiarità insite nell’azienda e nell’imprenditore, e le variabili “andamentali” che leggono con grande attenzione la “quotidianità” del rapporto instauratosi tra banca ed impresa.
E queste variabili, come noto, ricadono a pieno titolo nel “raggio di azione” del gestore della relazione. Se a tutto questo si aggiunge che, a livello di piccole-medie imprese, le citate componenti “relazionali” pesano quasi per il 70% nella formazione del rating contro il 20% dei dati di bilancio ed il 10% della Centrale Rischi, risulta piuttosto evidente come l’accettazione e quindi il corretto funzionamento del modello di Basilea dipenda proprio dai successi ottenuti sul “fronte interno” ed in particolare dalla capacità dei soggetti coinvolti di passare da una interpretazione del modello piuttosto “meccanicistica” ad una interpretazione più relazionale e quindi decisamente più “umana”.