Editoriale pubblicato su: www.teleborsa.it
Come tutti ricorderanno, negli ultimi anni la prassi consolidata è stata quella di integrare le varie manovre economiche, in assenza dei fondi necessari, con la voce “introiti da lotta all’evasione fiscale” o cose del genere. Chi scriveva la manovra sapeva benissimo che si trattava solo di una alchimia contabile per far quadrare le cifre, chi la leggeva sapeva benissimo che si trattava di un artifizio e che le cifre evidenziate erano del tutto ipotetiche (nonostante l’ottimo lavoro dell’Agenzia delle Entrate sul fronte dell’evasione).
Anche Tremonti nell’ultima manovra aveva previsto congrue entrate derivanti non solo dalla lotta all’evasione, ma addirittura dal varo della famigerata riforma fiscale attesa invano da qualche decennio. Il problema è stato, molto semplicemente, che, in un momento di totale sfiducia nel nostro Paese, nessuno ci ha creduto e quindi ci siamo trovati a passeggiare sul ciglio del baratro a braccetto con Papandreu.
In realtà, all’inizio del mandato, anche il Governo Monti aveva iniziato a parlare di lotta all’evasione per cui ritenevo che si trattasse semplicemente della solita prassi consolidata. Tuttavia, passato qualche mese dall’insediamento del nuovo Governo, inizio invece a convincermi che, forse, la musica sia davvero cambiata. A ben vedere, infatti, ci si accorge che non ci troviamo più a fronte di isolati contrasti ad una evasione generalizzata ma, piuttosto, ad una nuova “era fiscale” che, partendo da un messaggio piuttosto chiaro, si svilupperà nel tempo attraverso diverse fasi.
Innanzitutto il messaggio: 1) il patto tra Stato ed imprenditori stipulato negli anni ’50/’60 in base al quale, da una parte, lo Stato chiudeva un occhio sui conti (e sulle tasse) degli imprenditori e, dall’altra, gli imprenditori utilizzavano il “risparmio fiscale” per ricostruire l’Italia, è risolto anche perché, sempre più spesso, il “risparmio fiscale” viene allegramente dirottato dal rafforzamento delle aziende al rafforzamento del tenore di vita degli imprenditori stessi. 2) Più in generale, la tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale, sopportata in tempi di vacche grasse, semplicemente non è più sopportabile negli attuali periodi in cui si chiedono enormi sacrifici agli Italiani.
Venendo alle diverse fasi, la prima, definibile del “banditore“, è stata quella (più pirotecnica) dei blitz a Cortina, a Courmayeur, nel centro di Roma o effettuati in concomitanza di “grandi eventi” tipo Sanremo. In questi casi la volontà non è stata certo quella di ostacolare il commercio o fare scappare i clienti o i proprietari dei SUV, ma quella di annunciare con la grancassa che le regole del gioco erano cambiate in maniera che ciascuno, ancora con pochi danni, potesse riesaminare la propria posizione nei confronti del fisco (in termini di analisi costi – benefici) attivando, se ritenuto, gli opportuni correttivi.
La seconda fase, definibile degli “algoritmi“, è quella ora in atto che si basa invece sui controlli informatici incrociati e capillari, sulle banche dati, sul coinvolgimento (interessato) dei Comuni, sulla possibilità per l’Agenzia di controllare online i conti correnti e, soprattutto, sul meccanismo dello “spesometro” che non fa altro che applicare un criterio molto semplice ed efficace: spostare l’attenzione dalle entrate (spesso di difficile individuazione) alle uscite (molto più facilmente individuabili).
Nella terza fase, definibile del “tutor“, l’Agenzia abbinerà all’operatività fin qui descritta, una attività specificamente rivolta al contrasto della grande evasione connessa, ad esempio, ai paradisi fiscali, alle fatturazioni incrociate, alle società all’estero, all’elusione fiscale messa a punto nei grandi studi di commercialisti etc. In questa fase l’Agenzia seguirà quasi quotidianamente, proprio come un tutor, l’attività dei grandi contribuenti al fine di rendere possibile, grazie alla costanza dei controlli, l’individuazione di situazioni di evasione ed elusione altrimenti difficilmente individuabili data la complessità degli intrecci.
La quarta fase, infine, definibile della “trasparenza“, è la più innovativa in quanto avrà il compito, da una parte, di mostrare con chiarezza la destinazione degli importi ricavati grazie alla lotta al’evasione e, dall’altra, di far toccare con mano a tutti i contribuenti i benefici conseguenti alla nuova “era fiscale”. Le modalità di attuazione della quarta fase (si parla della costituzione di un apposito fondo e dell’utilizzo degli importi per ridurre le aliquote sui redditi più bassi) verranno decisi in seguito: l’importante è che si inneschi un ciclo virtuoso che, partendo dalla lotta all’evasione porti a tangibili benefici sociali che a loro volta spingano verso una concreta riduzione dell’area dell’evasione e dell’elusione fiscale.
Il rischio è che fra un anno, dopo le elezioni, tutto torni come prima.
La speranza è di non dover mai più sentire storie come quelle del pensionato di un piccolo comune del Nord che, proprietario di fatto di ben 9 appartamenti tutti locati in nero, non solo risultava nullatenente, ma riscuoteva da anni i sussidi del comune ovviamente a danno dei veri bisognosi.