Pubblicato su: www.teleborsa.it
Il 2014 non si è certo chiuso in maniera banale considerando che il solo mese di Dicembre ha visto susseguirsi, in rapida successione, almeno tre avvenimenti degni di rilievo. Il primo, che ci riguarda direttamente, è costituito dal declassamento del rating dell’Italia da BBB a BBB- ad opera di Standard & Poor’s. Non si tratta certo di un disastro ecologico, ma costituisce certamente un pericoloso avvicinamento a quella delicata barriera che separa i titoli di stato “investment grade” da quelli “sub investiment grade”.
Il problema è che i titoli pubblici che si avvicinano a questa soglia, essendo considerati più rischiosi, non solo vengono progressivamente penalizzati quando sono dati in garanzia alla BCE in cambio di liquidità, ma trovano anche crescenti difficoltà ad essere “ospitati” nei portafogli dei soggetti istituzionali. Senza contare, ovviamente, i maggiori oneri connessi al loro rifinanziamento. Tuttavia, a ben vedere, anche in questa vicenda esiste un aspetto positivo. Infatti, finalmente, si inizia a notare una certa riduzione del peso del giudizio delle tre sorelle del Rating ( S&P , Moody’s e Fitch), fino a poco tempo fa considerato definitivo ed inappellabile e quindi in grado di generare pesantissime conseguenze per il soggetto “colpito”. Nel caso in esame, ad esempio, la “diga” ha resistito e non si sono affatto registrate conseguenze apocalittiche per il nostro Paese: la Borsa ha retto, lo spread ha retto (122 bp) il tasso sui BTP a 10 anni ha retto bene (1,94%). Ovviamente tutto ciò è dipeso principalmente dall’ombrello protettivo aperto dalla BCE di Draghi, ma anche dalla progressiva “crescita” di altre società di rating.
La cinese Dagong, la canadese DBRS, la tedesca Scope ratings, il consorzio ACR promosso dai Paesi emergenti, stanno progressivamente trasformando il giudizio delle 3 sorelle, da dogma inconfutabile, in uno dei diversi giudizi a disposizione degli investitori.
Il secondo avvenimento è costituito dalla seconda asta TLTRO varata dalla BCE con l’intento di finanziare le aziende attraverso l’immissione di liquidità a medio termine nel sistema bancario europeo. In realtà, il risultato delle due aste fin qui effettuate è stato piuttosto deludente in quanto, in considerazione della grande incertezza che ha ridotto gli investimenti delle aziende, le banche hanno richiesto solo 210 mld sui 400 disponibili, ben lontano dagli obiettivi espansivi fissati dalla BCE. A questo punto risulta abbastanza evidente che queste iniezioni di liquidità, in assenza di solide prospettive, non sono sufficienti a rimettere in moto il volano dell’economia. Probabilmente, entro breve, la BCE sarà costretta, per non far precipitare l’Europa in uno scenario deflazionistico, a ricorrere ad un mix di interventi straordinari compreso, verosimilmente, l’acquisto diretto di titoli pubblici sul modello del “quantitative easing” della FED.
Il terzo accadimento, di natura più macro, è costituito dal brusco riacutizzarsi della crisi greca a seguito della incapacità dei partiti di esprimere un nuovo presidente della Repubblica senza tornare anticipatamente alle Urne (25 Gennaio). Il problema è che la Grecia di tutto ha bisogno meno che di un periodo di instabilità politica come chiaramente espresso dalla Borsa che ha evidenziato perdite ingentissime e dal rendimento dei titoli a 10 anni riposizionatosi intorno al 10%. Anche perché, i sondaggi indicano una probabile affermazione della sinistra radicale Syriza e del suo leader Tsipras che ha chiaramente affermato di voler ridiscutere in sede europea tutti gli impegni di natura finanziaria assunti dai precedenti governi a fronte degli aiuti ottenuti.
Banalmente, la prima conseguenza di tutto ciò è stata la sospensione da parte del FMI di tutti colloqui relativi alla sesta revisione del programma di aiuti concessi alla Grecia in attesa della formazione di un nuovo governo. Se poi, alla contagiosa crisi greca aggiungiamo una crescita europea ancora latitante e tutte le incertezze connesse alla crisi russa e ad un prezzo del petrolio, forse benefico nel breve, ma potenzialmente destabilizzante nel lungo periodo, probabilmente, anche nel 2015, non avremo molto da annoiarci.
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