Pubblicato su: www.teleborsa.it
Le brusche turbolenze che si sono manifestate sui mercati cinesi nel mese di Agosto dovrebbero farci meditare attentamente sull’evoluzione dell’attuale scenario economico a livello generale.
Una prima considerazione riguarda la Grecia ed in particolare il varo del terzo piano di salvataggio ammontante ad oltre 85 miliardi di Euro. Come noto, il raggiungimento di un accordo con i creditori sulle caratteristiche principali dell’intervento è stato reso particolarmente complesso a causa dell’iniziale intransigenza dei soggetti coinvolti. Da una parte la Grecia, nel ruolo di vittima innocente degli abusi dei potenti, in lotta a difesa della propria sovranità e della democrazia. Dall’altra, teutonici e gregari autoproclamatisi paladini dell’Euro contro i greci incapaci e spendaccioni. Il risultato ultimo di questo scontro è che siamo andati davvero vicini ad un default disordinato di Atene dalle conseguenze decisamente imprevedibili.
Oggi, alla luce del panic selling alla borsa di Shanghai, della destabilizzazione dell’area orientale, delle disordinate mosse delle autorità cinesi, del rischio di una guerra tra valute, risulta piuttosto chiaro come gli sforzi per giungere ad un accordo con Atene siano stati assolutamente necessari. Ovviamente il nuovo salvataggio, fortemente voluto da Mario Draghi, costituisce solo il primo passo verso la soluzione della crisi greca. E’ del tutto evidente che, una volta superato lo scoglio delle scadenze tecniche che rischiavano di “far saltare il banco”, sarà indispensabile, in cambio di importanti riforme strutturali, intervenire sull’abnorme stock del debito greco al fine di renderlo sostenibile nel tempo. Sui modi e sui tempi di questa ristrutturazione regna però ancora il buio pesto. Ciò detto, rimane la domanda: quale sarebbe stato lo scenario se ci fossimo trovati a dover contemporaneamente fronteggiare il panico in oriente ed il caos in Europa derivante dal collasso del sistema bancario greco, dai moti di piazza e dall’incertezza sulle sorti dell’Euro? Il meccanismo, a livello globale, avrebbe retto o sarebbe collassato sotto la duplice spinta? Oltretutto, l’attuale crisi ci ha tristemente insegnato come, nei momenti di panico, il fattore “S”, ossia il “sentiment” dei mercati, assuma grande rilevanza nella determinazione degli scenari. In questi momenti, infatti, fattori altamente instabili quali le previsioni, le congetture, le incertezze e le paure dei mercati tendono a prendere il sopravvento sui dati tecnici rischiando così di esaltare l’avvitamento della spirale negativa.
Queste domande ci portano direttamente ad una seconda riflessione più ampia: il “meccanismo” economico-finanziario a livello globale, dopo sette anni di turbolenze, sembra dunque trovarsi ancora in uno stato di equilibrio instabile che rallenta o addirittura impedisce una definitiva uscita dalla crisi.
Ma quali sono i fattori che impediscono al sistema di ritrovare un proprio punto di equilibrio e di ripartire?
Probabilmente la risposta al quesito è connessa a quella che è conosciuta come la “teoria dei circoli viziosi concentrici”. Secondo questa teoria i diversi fenomeni economico-finanziari, sempre più correlati tra di loro, tendono a generare dei circoli viziosi particolarmente difficili da “spezzare”. Infatti, nell’ambito di questi circoli, ogni intervento correttivo predisposto dalle istituzioni, tende a generare, in qualche altra parte del circolo, imprevisti fattori distorsivi che impediscono la soluzione del problema iniziale. Se la Grecia cede i propri aeroporti più redditizi (tra l’altro a prezzi stracciati) ad una società tedesca, certamente si generano entrate che possono contribuire a sostenere la situazione nell’immediato. Peccato però che, così facendo, si inneschi in automatico un circolo vizioso in quanto viene meno una primaria fonte di reddito che impedirà ad Atene di crescere autonomamente e far fronte nel tempo ai propri impegni finanziari.
In Cina, gli interventi messi in atto dalle autorità (svalutazione dello Yuan e taglio ai tassi) per cercare di bloccare il panico alla borsa di Shanghai e rilanciare il PIL hanno innescato un altro pericoloso circolo vizioso. Infatti, se da una parte questi interventi possono contribuire a sostenere nel breve l’economia cinese, dall’altra hanno generato una fuga di capitali ed il panico in Asia ed in Europa. E questo, nel medio periodo, potrebbe determinare un rallentamento della crescita sia nei Paesi Emergenti (tradizionali mercati di sbocco per le merci cinesi) sia nel Vecchio Continente, con conseguente ulteriore rallentamento della crescita della super potenza orientale.
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