Pubblicato su: www.teleborsa.it
La fine di Marzo è stato caratterizzato da un evento, forse non eclatante, ma sicuramente da non trascurare, ossia il viaggio del presidente Monti in Oriente. La particolare valenza di questo viaggio che, partito dal summit di Seul, ha toccato successivamente Tokyo e Pechino, deriva dal fatto che non si è trattato solamente di un insieme di incontri di natura politica, ma piuttosto di una concreta occasione per evidenziare ai rappresentanti dell’economia e della finanza orientale i fondamentali cambiamenti di scenario intervenuti in Italia da Novembre ad oggi. Da questo punto di vista, paradossalmente, i brevi incontri di Seul con Obama gli altri Capi di Stato hanno avuto un peso specifico decisamente inferiore rispetto agli incontri del Premier con i maggiori banchieri ed i più importanti managers pubblici e privati giapponesi avvenuti nella sede della “confindustria” nipponica. Durante questi meeting, infatti, Monti si è impegnato a far comprendere ai propri interlocutori come, essendo il rischio Europa in generale ed il rischio Italia in particolare rientrato entro parametri accettabili, eventuali investimenti in titoli del fondo EFSF o in titoli italiani non costituiscano più un “azzardo morale” ma, piuttosto, una buona opportunità di diversificazione del portafoglio estero.
Ancora più interessante, sempre in quest’ottica, la tappa a Pechino; nella capitale cinese, infatti, l’accento è stato posto non solo sulla possibilità di acquistare titoli del tesoro italiani ma, soprattutto, sulle ampie opportunità di investimento che le aziende ed i Fondi cinesi potrebbero individuare nel nostro Paese (l’Italia costituisce attualmente il 5° partner commerciale della Cina e già 75 aziende, tra cui la Ferretti, la Tacchini e la Benelli, sono partecipate o controllate da investitori di Pechino).
Di particolare rilevanza, a questo proposito, l’incontro tra il presidente Monti ed il direttore del Fondo sovrano CIC (China Investment Corporation) che costituisce attualmente il 4° fondo al mondo con un capitale di dotazione di 400 mld di dollari. In questo caso gli sforzi del nostro Premier sono stati indirizzati, in particolare, ad esporre ai managers cinesi le recenti riforme strutturali volte a ridurre, da una parte, le rigidità del mercato del lavoro e, dall’altra, ad eliminare le pastoie burocratiche in grado di ostacolare il corretto funzionamento delle aziende. Ora, come noto, non è affatto facile interpretare il vero pensiero degli orientali, capire se alle parole ed agli inchini seguiranno o meno i fatti, tuttavia, di sicuro, la recente crisi ci ha insegnato che, nello scenario attuale, non contano solamente i numeri, ma anche quello che è stato definito “il fattore s”, ossia il sentiment, la fiducia dei mercati e degli investitori nei confronti di un determinato Paese o di una determinata Area.
Come ampiamente dimostrato anche nel caso italiano, questo fattore è ormai perfettamente in grado di accelerare bruscamente una crisi o, al contrario, smorzarne per qualche tempo gli effetti negativi. Il viaggio di Monti in Oriente deve essere inquadrato, appunto, in quest’ottica: incidere sul sentiment delle grandi economie emergenti convincendole che il peggio è passato, che ora il rischio Euro (ed Italia) è accettabile e che, come ha detto il Premier dal palco del Forum dell’Asia, “ora ci si può rilassare un po'”.
Torna all’elenco completo degli articoli: “Il punto sulla crisi”