Pubblicato su: www.teleborsa.it
Ormai, grazie anche all’attenzione dedicata dai media ai problemi connessi all’attuale crisi, tutti hanno imparato che, per comprendere l’andamento delle principali variabili macro economiche (deficit, debito pubblico, export etc), è necessario raffrontarle con il PIL ossia con la crescita o meglio la ricchezza prodotta da un determinato Paese o Area in un determinato periodo. Ora, partendo da questo presupposto, risulta ogni giorno più evidente come il principale problema dei Paesi dell’UE, ed in particolare dell’Italia, sia proprio connesso alla stagnazione (o alla contrazione) del PIL, fattore, quest’ultimo, perfettamente in grado di vanificare ogni sforzo compiuto dai diversi Governi sul fronte del risanamento dei bilanci.
E, purtroppo, tutti i dati, attuali e prospettici, forniti in questi giorni dai diversi organismi nazionali ed internazionali non fanno altro che confermare, appunto, uno scenario caratterizzato da economie, aziende e famiglie sempre più affaticate ed in debito d’ossigeno.
A livello europeo, infatti, i tre centri istituzionali statistici (l’ISTAT, il francese INSEE ed il tedesco IFO) concordano nel prevedere una stagnazione dell’economia europea almeno fino a Settembre 2012 con un lieve miglioramento solo nel terzo trimestre (+ 0,1%); oltretutto queste previsioni, di per sé non confortanti, sono anche soggette ad una specie di “outlook negativo” in quanto è stato chiarito che lo scenario delineato è suscettibile di peggioramento qualora si manifestassero ulteriori “turbolenze finanziarie” e tensioni sociali connesse alle riforme del mercato del lavoro in atto. E proprio sul fronte del lavoro, i dati ISTAT di Febbraio evidenziano una disoccupazione media in Eurolandia arrivata al 10,8% con una punta in Spagna del 23,6% in trend crescente.
Passando ad esaminare la situazione italiana, lo scenario appare non meno sconfortante: l’OCSE ci avverte che, se la crescita dei Paesi di quest’area è stata, nell’ultimo trimestre del 2011, pari ad un modesto + 0,2%, l’Italia ha registrato nel medesimo periodo la peggior performance evidenziando una contrazione dello 0,7%. Parallelamente, Banca d’Italia ed Istat ci ricordano che nel 2011 il 22% delle famiglie italiane non è riuscita a coprire i consumi, che nel 2011 c’è stato una perdita del potere di acquisto in termini reali dello 0,5%, che la propensione al risparmio è crollata al 12%, il valore più basso dal 1995.
Guardando, invece, in avanti, Prometeia prevede, per il 2012, un calo del PIL pari all’1,5% che costituisce un valore medio nella “forchetta” dei dati previsionali proposti dai vari organismi che va dal -1,2 % di Banca d’Italia al – 2,2% indicato dal FMI. Più in particolare il centro studi ritiene che la ripresa inizierà assai stentatamente dopo l’Estate 2012 per rafforzarsi solamente verso la metà dell’anno successivo. Se a tutto questo aggiungiamo i dati sui fallimenti delle aziende (11 615 nel 2011) che hanno portato alla perdita di 50 000 posti di lavoro, nonché le tristissime statistiche sul numero dei suicidi e tentati suicidi per motivi economici, si comprende come la situazione, anche prospetticamente, sia ancora molto complessa.
Il premier Monti sta facendo un ottimo lavoro sul fronte del risanamento dei conti, tuttavia è chiaro che tutto ciò non basta più: un maggior coraggio sul fronte della crescita e dello sviluppo dell’economia appare a questo punto non più rimandabile.
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