Pubblicato su: www.teleborsa.it
Euro più Euro meno, il totale degli aiuti di stato concessi alle banche europee ed USA dalla crisi della Lehman ad oggi ammonta a circa 5000 mld di Euro, cifra pari, all’incirca, al doppio del costo attualizzato della guerra del Vietnam, della guerra di Corea e di tutti i viaggi della NASA messi insieme. Di questi 5000 mld circa 2700 riguardano aiuti alle banche Europee e, sorpresa, ben 1800 mld sono stati utilizzati dal “Club della tripla A” con in testa la Gran Bretagna (1200 mld di Euro e la Germania con oltre 400 mld di aiuti pubblici).
Venendo a casa nostra, i dati evidenziano che le nostre banche hanno beneficiato di circa 123 mld di aiuti dello Stato, cifra di tutto rispetto, ma da sezionare con attenzione. Infatti, di questi, ben 115 mld non sono inquadrabili come “aiuti di salvataggio” in quanto connessi alla concessione da parte dello Stato di una garanzia a fronte di prestiti obbligazionari emessi dalle banche. In questo caso, la finalità non è quella di salvare banche strutturalmente vicine al default, ma di sostenere gli istituti nel reperimento di provvista (a prezzi accettabili) in presenza dell’inaridimento delle abituali fonti di raccolta. Altri 4 mld di aiuti sono costituiti dai famosi “Tremonti bond” che hanno avuto essenzialmente lo scopo di consentire ad alcune nostre banche di rispettare i parametri patrimoniali previsti da Basilea 2 senza essere costrette a chiudere i rubinetti del credito alle piccole aziende (il temuto credit crunch). Anche in questo caso, dunque “aiuti di supporto” e non “di salvataggio”.
Rimangono, per arrivare ai 123 mld di aiuti, i circa 4 mld di Monti Bond destinati al Monte dei Paschi attualmente in fase di perfezionamento: solo per questi, data la situazione complessiva della banca, è forse lecito parlare di “aiuti di salvataggio” anche perché non si può escludere che l’emissione dei Monti bond sia solo un primo passo verso una parziale nazionalizzazione della banca senese.
A questo punto, definita la situazione “aiuti alle banche” che evidenzia l’enorme divario esistente tra gli aiuti concessi dagli altri Paesi ai loro istituti e l’intervento dello Stato italiano, è possibile fare alcune riflessioni sull’ “affaire” Monte dei Paschi di Siena.
Innanzitutto, raffrontando i dati citati, si capisce come il problema non stia nella dimensione dei numeri: i 700 mil di perdite su derivati o i Monti Bond per 4 mld di Euro non sono certo auspicabili, ma appaiono ben poca cosa se raffrontati agli aiuti concessi a Dexia (273 mld), alla tedesca Hypo Bank (320 mld), nonché alla Royal Bank of Scotland ( 448 mld di Sterline).
Il vero problema sta, invece, nel “rischio reputazionale stratificato” che la vicenda in esame ha creato a diversi livelli. Lo ha creato a livello di sistema bancario italiano in quanto, almeno sino ad oggi, le nostre banche erano considerate, nell’insieme, più solide ed affidabili rispetto a larga parte della concorrenza estera. Ciò era dovuto, tra l’altro, alla scarsa esposizione sui derivati, ad una attività maggiormente rivolta al finanziamento delle imprese piuttosto che alla finanza, nonché alla minor dipendenza delle nostre banche, sul fronte della raccolta, dai mercati finanziari all’ingrosso. Oggi qualche dubbio in più su ciò che le banche italiane hanno effettivamente “in pancia” è sicuramente sorto nelle menti curiose degli osservatori e degli investitori.
Ma la vicenda Monte dei Paschi ha generato anche un rischio reputazionale di secondo livello in quanto ha coinvolto direttamente, oltre alle banche, anche la vigilanza sul sistema bancario affidata alla Banca d’Italia. Qui il problema è delicato in quanto le accuse indiscriminate rivolte dalle diverse forze politiche alla Banca Centrale anche per finalità elettorali potrebbero intaccare, a livello internazionale, quella credibilità ed affidabilità che la Banca d’Italia si è conquistata sul campo sotto la guida di Mario Draghi. Parallelamente, sul fronte interno, il tiro incrociato potrebbe rendere in futuro meno efficace quella fondamentale capacità di “moral suasion” che la Banca d’Italia ha sempre esercitato sulle nostre banche e che ha evitato l’insorgenza di pericolosi rischi sistemici come, peraltro, dimostrato dai dati prima evidenziati.
Infine, la vicenda Monte dei Paschi ha creato un rischio reputazionale anche a livello europeo in quanto ha “chiamato in causa” anche il presidente della BCE Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia nel periodo in cui si sono verificati i “fatti di Siena”.
E’ del tutto evidente che un uso strumentale degli accadimenti senesi (vedi gli attacchi subito lanciati dalla stampa tedesca) potrebbe indebolire la posizione del presidente Draghi, ossia di colui che, con tutta probabilità, è stato, nei momenti più delicati della crisi, il vero “salvatore della Patria” intesa non solo come Italia, ma come Unione Europea.
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