Pubblicato su: www.teleborsa.it
Osservando la recente evoluzione della situazione politica ed economica sia a livello europeo che italiano, è possibile riscontrare tutta una serie di indizi che sembrerebbero indicare un rapido avvicinamento del nostro Paese verso un nuovo punto di crisi. Innanzitutto, infatti, il miraggio di una ripresa generalizzata, data per certa entro il 2013, sta slittando inesorabilmente verso la seconda metà del 2014 facendo così mancare quella “spinta in avanti” da tutti ritenuta indispensabile per tentare di uscire dal tunnel. Da evidenziare che, in questo contesto, la situazione italiana appare ancora più preoccupante rispetto a quella degli altri partners in quanto le nostre ataviche carenze strutturali potrebbero addirittura impedirci di agganciare la “ripresa” nel momento in cui questa dovesse, prima o poi, manifestarsi. Da questo punto di vista i recentissimi dati OCSE parlano chiaro: l’Italia sarà l’unico Paese del G7 che evidenzierà un PIL in calo anche nel secondo trimestre 2013, mentre la Germania dovrebbe registrare, nello stesso periodo, un notevole + 2,6% con conseguente ampliamento del divario tra i due Paesi. L’effetto trascinamento di questi dati è già evidente nelle previsioni 2014: a fronte di un PIL della zona Euro stimato in crescita dell’1,3 %, il FMI prevede una crescita dell’Italia limitata ad un modestissimo + 0,5%, ovviamente suscettibile di scivolare facilmente in territorio negativo.
Il secondo motivo di preoccupazione per il nostro Paese deriva dal fatto che la perdurante crisi economica (-7% di PIL dal periodo ante crisi) sta progressivamente indebolendo i bilanci delle banche rendendoli sempre più esposti all’aumento dei crediti deteriorati e delle sofferenze. In questa ottica i dati 2012 relativi ai nostri principali istituti evidenziano crediti deteriorati lordi per 153 mld (+19% rispetto all’anno precedente) e sofferenze lorde per 126 mld (+17,5%). A questo punto l’interrogativo è il seguente: fino a quando le banche italiane, pressate dalle pesanti rettifiche sui crediti imposte da Banca d’Italia e dai requisiti patrimoniali previsti da Basilea, riusciranno a sostenere il tessuto industriale senza generare fenomeni di “credit crunch”?
Ma il terzo e maggiore fattore di preoccupazione per l’Italia deriva dal mix esplosivo derivante dall’ “affaire Cipro” abbinato alla nostra crescente instabilità politica. Infatti, benché grazie agli “scudi europei” ed agli altri strumenti messi in campo dalla BCE (OMT e LTRO), i nostri problemi specifici non abbiano (al momento) inciso più di tanto su spread ed aste, non è affatto detto che la situazione non possa degenerare rapidamente. E ciò in quanto il caso Cipro ha evidenziato come la Germania ed i suoi vassalli stiano tentando di svuotare dall’interno quell’accordo politico, mai del tutto digerito, che consente all’ESM ed alla BCE (OMT) di attivare una gamma di interventi a favore di Paesi in difficoltà prima assolutamente impensabili. Risulta infatti evidente che il prevedere condizionalità durissime ed insostenibili socialmente (come noto a Cipro erano stati coinvolti anche i risparmiatori con conti sotto il limite dei 100 000 Euro), equivale a smontare di fatto quello scudo che, ancorchè mai utilizzato, ha protetto, solo per il fatto di esistere, Italia e Spagna in momenti particolarmente delicati.
Se, dunque, sommiamo alla nostra crescita asfittica ed ai crediti deteriorati delle nostre banche anche l’indebolimento degli “scudi europei “e la nostra instabilità politica (caratterizzata dalla presenza in Parlamento di ampie frange antieuropeiste) è chiaro che rischiamo di tornare a costituire quell’anello debole della catena che attira la speculazione ed eccita le tre Sorelle.Probabilmente i Credit Default Swap sul rischio Italia (307 Bp) che superano quelli sulla Spagna (302 bp) ed i rumors su un declassamento da parte di Moody’s del nostro Paese sono solo le prime avvisaglie di una situazione che va rapidamente deteriorandosi.
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