Pubblicato su: www.teleborsa.it
Le prime avvisaglie che l’ultima decade di Ottobre sarebbe stata cruciale per l’Area Euro in generale e per l’Italia in particolare si erano già evidenziate all’inizio del periodo in esame quando alcuni “allarmi” italiani iniziarono a suonare con forza. Più in particolare le sirene scattarono quando il differenziale BTP – Bond superò la soglia dei 400 bp (circa 5 volte il differenziale ante crisi) ed il rendimento dei BTP a 10 anni volò oltre quota 6% (il 7% viene comunemente considerato il punto di “non ritorno” oltre il quale il debito pubblico non è più rifinanziabile senza aiuti esterni).
Volendo aprire una parentesi a questo proposito, è opportuno rammentare che questi tassi, essendo registrati sul secondario, non implicano un immediato incremento di costo per il nostro Paese, tuttavia tendono ad influenzare il costo delle successive aste e, per l’appunto, abbiamo una delicata asta di BTP a 10 anni prevista a fine ottobre. Ed il fatto che i citati tassi siano stati poi “calmierati” dai continui interventi della BCE, può farci piacere, ma non tranquillizzarci visto che la Banca Centrale continua a ricordarci che questi interventi hanno natura assolutamente transitoria e limitata.
Inoltre, nello stesso periodo, si attivarono anche gli allarmi sul settore bancario che segnalavano una fortissima pressione su tutti i primi 5 gruppi bancari italiani: come noto ormai i mercati e la speculazione amano agire contemporaneamente sia sul fronte dei titoli del debito pubblico sia sui “grandi contenitori” di debito pubblico ossia le banche.
Si è arrivati così, tra allarmi e sirene in funzione, alle “giornate europee” ed ai vertici “salva Euro” che, a detta di molti, dovrebbero concludersi mercoledì 26 ottobre con misure assolutamente innovative e coraggiose in relazione a crisi greca, ricapitalizzazione delle banche e fondo salva Stati EFSF.
Tuttavia, in attesa di ricette incerte, l’unico fatto certo è che le pressioni sul nostro governo, affinché siano confermati gli impegni economici presi in sede europea e si proceda immediatamente ad ulteriori misure di stabilizzazione dei conti e di stimolo della crescita, sono diventate in questi giorni, generali, ineludibili e, direi, addirittura imbarazzanti.
Purtroppo, non possiamo più nascondere il fatto che, parlando di crisi dell’Euro, ormai non si parla più (o poco) di Portogallo, Irlanda, e Spagna, ma solamente dell’agghiacciante binomio Grecia-Italia che costituisce una aberrazione dal punto di vista economico-finanziario, ma non dal punto di vista della fiducia dei partners nei nostri confronti e dal punto di vista del “sentiment” dei mercati. Con l’aggravante che l’Italia è la nazione, dopo gli USA, che ha messo in giro per il mondo la più grande quantità di titoli del debito pubblico e quindi è potenzialmente molto più pericolosa: se Grecia ed Italia stanno correndo ubriache per le strade dell’Area Euro, il problema è che la Grecia sta guidando una “minicar” e l’Italia un pesante camion con rimorchio.
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